Commento settembre 2017- di Edo Repetto

L'estate sta finendo e un altro, l'ennesimo, calciomercato se ne va.

Parto da qui nel riaprire il mio spazio che vi accompagnerà (almeno) sino a maggio dell'anno prossimo. Se ne è parlato e riparlato, sotto l'ombrellone o sulla cima di una montagna. «Abbiamo venduto tutti, mancano difensori e centravanti».

Le cose stanno effettivamente così? Numeri alla mano, non si può far vinta di non vedere che il mercato ha tolto alla Sampdoria ben 27 gol dei 49 totali, se consideriamo Schick già tra i ceduti. Non sono pochi. L'arrivo di Caprari e di

Ramirez sulla trequarti, che fa ben sperare i tifosi, non bastano e ci auguriamo che il perfezionamento della cessione di Patrik porti alla corte di Giampaolo una punta pronta, di sicura affidabilità, che possa garantire una decina di marcature. Un giocatore che potrebbe rivelarsi il crak della stagione è David Kownacki. Giovane (ha un anno in meno di Schick), polacco, concreto, già un timbro ufficiale per lui in Coppa Italia con il Foggia e con il 99 sulle spalle, un numero di peso dalle parti della Lanterna. Ha le carte in regola per sorprendere, non so valutare come e quanto, se sarà un botto come lo fu Schick

lo scorso anno. Di sicuro entrare e decidere sempre la partita non sarà così facile ma anche se fosse qualcosa in meno prendiamo e portiamo a casa. Tutto in attesa dei rinforzi dell'ultimo minuto. Passiamo al campo. Le prime due

ufficiali della stagione hanno chiarito due punti fermi della nuova Samp di Giampaolo. Primo: il rilancio di Praet, reduce da una stagione in sordina, passa per il centrocampo (mezz'ala) e non per la trequarti. Si libera dunque

una pedina tra la mediana e l'attacco: ed è lì che andrà ad agire Ramirez, con Alvarez che non convince più neanche il tecnico di Bellinzona. Secondo: capitan Regini confermato con Foggia e Benevento al fianco di Silvestre. Da tenere

presente che l'estate ha spinto a Genova Gian Marco Ferrari. Possibile che le gerarchie difensive vengano ribaltate a breve. Il gioco non è mancato, si vede già la mano di Giampaolo, aiutato dal fatto che il centrocampo è pressoché confermato e i suoi ragazzi mandano giù bocconi di sue lezioni tattiche da più di un anno. Si arriva bene sulla trequarti ma poi manca il cercare la porta, anche se mettendo insieme le due partite vengono fuori cinque gol segnati. Ma questa è stata l'impressione. Almeno la mia, potete tranquillamente contraddirmi. Poche soluzioni, nonostante gol e impegno costante di Quaglia e Caprari. Col Benevento qualche brivido di troppo la difesa ce lo ha fatto vivere. Non sempre schierata al meglio, specialmente sulle rapide ripartenze dei campani, come in occasione del gol di Ciciretti. Da segnalare la solita, grande, prova di Torreira, trottolino instancabile, che dal suo metro e 68 muove tutta la squadra con il carisma di un veterano.

Commento maggio 2017- di Edo Repetto

Nel mese del “dolce dormire” succede un po’ di tutto. Tempo di smaltire l’euforia per il due su due stagionale sull’altra sponda cittadina che la Samp si toglie un’altra soddisfazione. O meglio, un altro record. A vent’anni di distanza dall’ultima volta i ragazzi di Giampaolo tornano a colorare San Siro di blucerchiato. Per ben due volte, nello stesso torneo. L’impresa non riusciva dalla stagione 1996/97 quando l’undici di Eriksson fece 4-3 all’Inter e 3-2 al Milan. Stesso stadio, diversi interpreti e punteggio ma la sostanza non cambia. Da Mancini e Montella a Schick e Quagliarella. Così siamo anche in rima. Senza dimenticarci di Luis Muriel, attualmente fermo ai box per il cambio gomme, ma che ha contribuito al sogno blucerchiato, sbattendo la palla dietro la schiena di Donnarumma dagli undici metri, il 5 febbraio scorso. Forse il momento più alto della stagione, il picco di maturità di una squadra sistemata e modellata giorno per giorno dal suo cervello che siede in panchina. C’è gloria per tutti, anche per i “gregari”. Bereszynski su tutti. Galoppa su e giù per la fascia e dimostra un passo diverso rispetto a quello del sostituto Sala. In recupero anche Dodò, rispetto alle precedenti (e rare) apparizioni non proprio positive. Si conferma anche Patrik Schick dal primo minuto, dopo essersi affermato in Serie A come l’uomo più pericoloso e decisivo a partire dalla panchina. In coppia con Quagliarella si trova a meraviglia e il suo talento non lo abbandona in una delle serate fin qui più importanti della sua giovanissima carriera (chiedere a Miranda per conferma). Nel mese di aprile il ceco mancherà all’appuntamento con il gol solo con la Fiorentina (2-2) per un totale di 11 in campionato. Con la Viola a Marassi la Sampdoria mette sul tappeto verde cuore, polmoni e anima. Un’altra prestazione corale che segue alla delizia del Meazza. Il punteggio dice 2-2, con una Fiorentina che si è trovata più volte al limite della linea di galleggiamento ma che è rimasta concretata e ha saputo cinicamente colpire al momento giusto, facendo valere esperienza e qualità. Un risultato che rallenta la corsa all’ottavo posto, l’ultimo – fino a quel momento – obiettivo stagionale nel mirino, e sembra spegnere la fame di calcio di Torreira e soci. Arrivano due sconfitte nelle due successive (Sassuolo e Crotone), per la verità un po’ a sorpresa. Con un calo di concentrazione ma anche di intensità degli undici di Giampaolo. Ma non possiamo lamentarci più di tanto, né con la squadra né con il tecnico: è stato un 2017 ad alti livelli, dispendioso in cui i risultati non sono mancati. 6 vinte, 5 pareggiate e 5 perse da gennaio ad aprile, che si chiude con un pari a Torino, dove arriva l’ennesima ciliegina di Schick a cui risponde Iturbe su svista di Regini. Tutt’altro che un dolce dormire...

 

Commento aprile 2017- di Edo Repetto

Chi se lo aspettava il due su due? In pochi quando dal cervellone della Lega
Calcio sono usciti gli accoppiamenti delle trentotto giornate di campionato, con la Samp che era ancora un cantiere aperto. Via via il campionato ha raccontato una storia diversa da quella dell'anno scorso, con un Genoa
sempre più arrendevole che ha visto sgretolarsi le poche certezze della partenza e con una Samp più agguerrita e determinata dello scorso campionato. E anche nell'ultimo derby i valori assoluti sono venuti a galla.
Una partita brutta, ruvida, con pochi guizzi di qualità ad eccezione delle serpentine di Schick in versione slalom gigante, che in poco più di un quarto d'ora ha fatto dimenticare la forma del pallone a Burdisso e soci. I
derby a Genova sono così. Tanta tensione, paura di sbagliare. Poi la carica speciale del Ferraris, sentirlo
ruggire fin dall'ingresso in campo e vederlo definitivamente esplodere quando la palla finisce in fondo al
sacco. La Samp ha ammazzato la partita nel secondo tempo. Poteva passare in vantaggio in apertura,
ma la traversa ha salvato il Genoa, su un potente mancino di Muriel. Resta fisso il pari, ancora per un
po'. Deve aspettare, la Samp, lavorare il nemico ai fianchi, lentamente, prima di stenderlo al tappeto.
Talmente tanto sotto pressione, l'altra parte di Genova, che si infila nei guai con le proprie mani.
Minuto 26 della ripresa, brutto pallone rimesso all'indietro da Ntcham a cercare Munoz, ma tra i due
arriva come un fulmine Muriel che prende palla, cinque-sei passi e piattone di destro a infilare
Lamanna. Non fa neanche in tempo a realizzare di aver messo a segno la sua seconda rete in una
stracittadina che si ritrova sotto la Sud, virtualmente abbracciato con ciascuno dei 9.000 presenti nel
cuore pulsante del tifo blucerchiato. C'è ancora tempo per gustare, vedere e rivedere l'estro e il talento
di Patrick Schick, che "scherza" in tutti i modi con la difesa del Genoa e trova solo Lamanna a dirgli di
no. Per i colpi fatti vedere sarebbe stata la giusta ricompensa. Ma alla fine il "delirio" è grande e l'unione
con la Sud più forte che mai. Si gode e si ricorda, non è importante che sia passato quasi un mese,
fossero anche quattro o cinque. A Genova il derby si vive tutto l'anno. E poi, come non ricordare una
doppietta del genere che in Serie A mancava dalla stagione 1959-60 (non dimentichiamoci di quella
meravigliosa tripletta arrivata nella stagione 2002/03, tra campionato - Serie B - e Coppa Italia).
Ulteriore nota statistica: per la prima volta nella storia del club, la Sampdoria ha vinto quattro derby
consecutivi in casa del Genoa, nel cosiddetto "Tempio" dove loro "non camminano mai soli".
E scusate se è poco.
Non serve neanche ricordare le 2 partite pre e post-derby disputate nel mese di marzo, vittoria 3-1 col
Pescara in preparazione dellA Partita e la sconfitta 0-1 coi bianconeri juventini, seppure immeritata...
Quello che contava è stato raggiunto nel migliore dei modi e per quest'anno va bene così!

 

Commento marzo 2017- di Edo Repetto

Abbiamo un problema.
Il cammino della Sampdoria nel girone di ritorno fotografa una squadra in salute, dodici punti complessivi e settima posizione in cassaforte. Il che vorrebbe dire che se il torneo fosse iniziato a gennaio, il Doria sarebbe in
piena corsa per la qualificazione alla prossima edizione dell'Europa League. Analizzando,
però, il dato complessivo ci rendiamo conto di come le cose stiano diversamente: decima posizione condivisa con il Chievo, nessuna velleità di sogni di gloria. Questo può significare due cose. In primis, la banalità delle banalità. Ossia che si è fatto troppo poco nelle prime 19, dì lì la differenza di graduatoria e l'osservazione che
iniziare a carburare quando il semaforo rosso si è spento potrebbe non bastare per ambire a qualcosa di più della salvezza. Da sottolineare come la spinta, che hanno portato le tre vittorie (più i tre pareggi) del secondo girone, non ha rimesso in corsa la Samp. Non è bastato il rigore decisivo di Muriel a San Siro, nè tanto
meno la grande rimonta sul Bologna dei tre gol in sette minuti. Tirando una linea, a inizio marzo, con ancora 15 partite da giocare, la squadra di Giampaolo può considerarsi salva, al riparo da qualsiasi pericolo, complice anche una lenta risalita delle terzultime della graduatoria. Ma al tempo stesso può dirsi
definitivamente lontana dai sogni di gloria poco prima menzionati. Questa considerazione arriva al termine di un mese "di fuoco", dal quale la Samp esce imbattuta, dal carattere forte, proprio come quello del proprio allenatore e specializzata nelle rimonte, dopo essere passata sotto di un gol. Con i suoi giovani gioielli sempre più in mostra, su tutti Torreira, Schick e Djuricic, per citare i più rappresentativi e decisivi. Da evitare prestazioni come quella di Palermo. Perché c'è un derby alle porte e perchè, con ancora così tanti match da disputare, sarebbe folle mollare la presa.

 

Commento febbraio 2017- di Edo Repetto

Sono critico.
Questa volta non per il campionato.
Potrebbe sembrare strano.
Avevamo una chance di “dare un senso” a questa seconda parte di stagione, con la Coppa Italia.
Intendiamoci, la partita sulla carta si presentava proibitiva, nella tana dei Lupi. E lo sarebbe stata anche
con l'undici titolare motivato a palla da Giampaolo. È mancata in partenza la voglia di provarci, con una
formazione rimaneggiata e scarsamente motivata. Nel calcio, generalmente, quando vai a fare la
passeggiata di salute rischi di tornare a casa con la bronchite. Puniti da una squadra tecnicamente più
forte e anche più “affamata”, prerogativa – quest'ultima – che dovrebbe appartenere di più all'underdog
di turno, ma così non è stato. Guardando la griglia di partenza blucerchiata ci siamo chiesti perchè
Budimir e non Schick dal primo minuto? Non era più opportuno dare spazio al ceco, che quando entra
generalmente la porta la vede bella grossa? Interrogativi che non trovano risposta, soprattutto se
andiamo a riprendere le parole del pre-gara di Ferrero e Giampaolo, che all'unisono puntualizzavano
“Coppa Italia importante”. Ancora una volta i fatti hanno dimostrato, al netto delle parole di circostanza,
che la Sampdoria non considera “importante” la coppa nazionale, sebbene l'abbia alzata al cielo quattro
volte nella sua storia. Un vero peccato. Ha ragione il mister, la formula è pro-grandi, ma questo non
deve rappresentare un'attenuante per giustificare una partita persa malamente. Una partita che doveva
essere “importante”, il film del match ha raccontato tutt'altro. L'entusiasmo è tornato in occasione della
vittoria, con la Roma, questa volta in campionato. Una partita iniziata male, che la Samp ha saputo
acciuffare per il collo e fare sua, grazie ancora una volta a Schick, sempre più decisivo, e al primo centro
doriano di Praet, dotato di un grande talento che per ora ci ha tenuto nascosto. Pesano sul bilancio le tre
sconfitte precedenti al 3-2 sui giallorossi, che ci inchiodano in una zona ibrida nella classifica. Sarà
difficile trovare stimoli nuovi, per Giampaolo e per la squadra, che non siano giocare bene ogni partita
di qui alla fine. Non diciamolo troppo forte perchè il derby si avvicina a grandi passi..

Commento gennaio 2017- di Edo Repetto

L'albero di Natale porta gioia ma anche qualche amarezza alla Sampdoria. Si inizia alla grande, tre
punti pesanti contro il nemico storico granata fanno ben sperare, anche in ottica classifica, che nel corso
di novembre ha progressivamente preso una bella cera. Barreto torna protagonista assoluto e dopo il
primo timbro stagionale messo a segno contro l'Atalanta, si ripete. Ma è soprattutto Schick a tentare di
convincere la Genova blucerchiata sulle sue doti sotto porta. Col Toro rileva Muriel al 90', al 94' chiude
la partita. In soli quattro minuti, quando la partita sembrava ormai rotolare verso il secco uno a zero. Di
lui in patria si parla un gran bene, sebbene le ventuno candeline le spegnerà solo il prossimo 24
gennaio. Giovane e di belle speranze. Come Budimir, anche se tra i due intercorrono cinque anni di
differenza. Scendendo da Praga a Zenica, Croazia, troviamo Ante, 190 cm per 40 presenze e 16 gol lo
scorso anno a Crotone. Forse più “sfortunato” di Patrick, di sicuro nei momenti chiave il primo ha fatto
la differenza, l'altro è inciampato e non ha saputo concretizzare. Avrà pesato l'impatto con la massima
serie italiana? Schick mette l'autografo per altre due volte nel dicembre doriano, contro Lazio e Chievo.
Per sfortuna sua e di tutta la truppa Giampaolo, i due centri si rivelano irrilevanti sul punteggio finale.
La Samp inciampa per due volte di fila. Non capitava dalle due trasferte consecutive di settembre,
contro Bologna e Cagliari. Risultati che frenano la risalita, assieme al pari dell'ultima dell'anno al
“Ferraris” contro l'Udinese. Dove si è visto un discreto gioco a tratti, ma è mancata la zampata decisiva.
Questa volta infatti, tutto il secondo tempo che gli ha concesso Giampaolo non è bastato al ceco per
andare in gol. La classifica non sorride come a inizio mese ma rimane discreta. Per fare dei bilanci più
puntuali su che cosa potrà chiedere la Sampdoria al campionato 2016/17 bisognerà aspettare qualche
partita ancora. Troppo presto dopo il giro di boa. A gennaio si inizia l'anno già in salita, dando
un'occhiata al calendario: San Paolo e Atleti Azzurri d'Italia gli stadi avversari che vedranno – si spera –
protagonista la Samp. Due campi molto difficili, con due squadre sulla carta in palla. In casa invece,
avremo Empoli e Roma. Per vedere di che pasta siamo fatti.

 

Commento dicembre 2016- di Edo Repetto

Un mese difficile, sulla carta, perché la Sampdoria è chiamata a confermare quanto di buono ha messo in mostra nell'ottobre della riscossa. In campionato giochiamo poco, di mezzo c'è la consueta sosta dedicata alle nazionali e il recentissimo impegno di Coppa Italia, vinto e dominato, che consente di mettere in tasca il lasciapassare per il turno successivo. Le conferme tanto attese ci sono state. La squadra (giovane) cresce giorno dopo giorno, ascoltando le attente direttive del suo tecnico. A Firenze va in scena la versione più bella di questo 2016/17. Primo tempo rinunciatario che non lascia presagire nulla di buono. Una Samp arrendevole, sempre seconda sulla palla. Nel secondo tempo i fattori si invertono: Muriel e compagni dimostrano qualcosa in più degli avversari, vanno in gol proprio con il talento colombiano e, ai punti, il pari strappato ci sta stretto. La forza blucerchiata nei secondi quarantacinque minuti è l'elemento caratterizzante anche delle altre due di novembre. Emblematica la "remuntada" sul Sassuolo, un match morto e sepolto, con una Samp che pareva stesa dall'uno-due neroverde. E invece proprio da un calo inatteso degli ospiti, siamo stati bravi a riprendere per i capelli il punteggio che stava scorrendo via e a strappare i tre punti. Mentalità. Sennò da situazioni così non ti puoi tirare fuori. La debolezza che riscontro, fino ad ora, è che nei primi tempi lasciamo sempre troppo "margine" di gioco al rivale di turno. Certo, se poi il risultato è mettere insieme tre gol in dieci minuti, tutti contenti e scrosci di applausi. Ma bisogna stare attenti perché non sempre rimonte goduriose vanno sempre in porto.

Commento novembre 2016- di Edo Repetto

Ottobre che non ti aspetti. Una riscossa caratteriale prima ancora che di gioco, per lasciarsi subito alle spalle un mese orribile. Da quel gol a tempo scaduto di Bruno Fernandes. Con il Palermo gli spettri sembravano aleggiare ancora sopra le torrette rosse del Ferraris, almeno fino al minuto 95. Palla che non voleva entrare, gol incassato in una delle poche palle gol concesse agli ospiti, errori del passato, con Giampaolo che si portava sulla groppa quattro sconfitte consecutive, tutte maturate a settembre. Da quel gol insperato sono arrivate grandi soddisfazioni e (solo una) delusione. Segno di una squadra che aveva bisogno di fiducia, e di amalgamarsi in un tutt’uno insieme alla sua guida. Il salto di qualità tecnico lo abbiamo fatto da quando il mister ha deciso di puntare sull’ex Udinese. Nei suoi piedi la svolta dei due successi nel derby con i cugini e con l’Inter. Più dinamismo e precisione nel passaggio rispetto a un fin qui spento Alvarez. Ma come non pensare e non soffermarci sulla vittoria nel derby? Partita da dentro o fuori, vuoi per l’avversario, vuoi per la voglia di vincere (i tre punti mancavano dal 28 agosto, Sampdoria-Atalanta 2-1). La fame ci ha permesso di schiacciare il nemico. Sul campo se ne sono viste di tutti i colori: gol e rigori sbagliati, problemi con la goal line tecnology, autogol decisivo. Autogol che abbiamo ancora tutti impresso nella mente, compresi i pallidi e sfiduciati volti dei tifosi dell’altra parte. E probabilmente per molti di noi è entrato di diritto in camera o al lavoro, sul salvaschermo del telefonino, come poster o quadretto. Grazie Izzo per averci regalato un’altra (l’ennesima) gioia. L’entusiasmo positivo del derby – interrotto durante l’infrasettimanale a Torino, dove per altro nella squadra schierata figuravano molte “seconde linee” - è proseguito contro l’Inter. Di fronte avevamo una squadra in difficoltà ma pur sempre con diversi elementi interessanti in campo. Siamo stati abili a sfruttare l’occasione, a saperli punire al momento giusto. Un gol che dà slancio a Quagliarella, protagonista di un inizio di campionato non del tutto esaltante. Una partita in cui, ancora una volta, ha fatto la differenza Bruno Fernandes.

Commento ottobre 2016- di Edo Repetto

Ci eravamo lasciati con la Sampdoria a punteggio pieno, veleggiante verso l'alta quota della classifica (o verso i mari più nobili, visto che siamo pirati). Trenta giorni più tardi ci ritroviamo qui a fare i conti con una squadra sempre battuta nel mese di settembre. Il dato numerico parla chiaro: Roma, Milan, Bologna e Cagliari non consento ai ragazzi di Giampaolo di muovere il "6" conquistato con le unghie e con i denti in agosto dalla casellina della classifica. Pesante anche il dato complessivo dei gol subiti: otto, a fronte di appena tre gol all'attivo. Forse fin pochi considerando i numerosi miracoli di Viviano tra i pali, fatalmente colpevole al Sant'Elia, ma di certo non è a lui che fatta portare la croce per questo mese allucinante. Mi viene da tirare un sospiro di sollievo pensando a quanto raccontatovi un mese prima. Non ho esaltato eccessivamente Muriel, ho predicato calma e raziocinio, in fondo due partite sono ancora troppo poche per tirare le somme di una squadra rivoluzionata nella forma e nella sostanza, al quarto allenatore diverso dell'era Ferrero. Troppo presto per esultare, troppo presto per buttare via il bambino con l'acqua sporca. Mi riferisco sia a Giampaolo, sia ai suoi attori. Di certo, però, non possiamo tirarci indietro dall'evidenziare quanto non ha funzionato. Vedo gravi mancanze, sia in termini di uomini che in termini di sostanza, nel reparto difensivo, forse quello più vulnerabile ed esposto alla foga degli attaccanti avversari. Lo testimonia il gol subito a Cagliari, con Padoin liberissimo di aggirarsi indisturbato fino al palo di Viviano, il cattivo posizionamento complessivo sui gol di Verdi e Destro. Lasciando da parte gli errori individuali solari del già citato Viviano e di Skriniar. Tante disattenzioni che non possono essere sottovalutate dal mister. Occorre lavorare molto su questo. Male anche l'attacco. Muriel si è spento. Sperando che la cera della candela non stia già per arrivare in fondo, visto che siamo appena al primo mese di campionato. Giampaolo e la Sampdoria stessa hanno scommesso molto sul suo ritorno ad alti livelli, un suo crollo prematuro sarebbe una catastrofe per la squadra intera, che paga anche la fatica di Quagliarella a trovare la sua dimensione in campo e lo scarso utilizzo di giovani di prospettiva come Shick e Budimir, ancora pressoché non valutabili.

Commento settembre 2016- di Edo Repetto

 

Due partite, due vittorie, bottino pieno. Questo recita il mese di agosto della Sampdoria di Giampaolo. Perplessità a vedere la rosa composta in estate non posso dire di non averne avute. Tanti giocatori nuovi, tanti giovani, alcuni stranieri tutti da verificare al loro impatto in Serie A. Il primo avversario, l’Empoli, l’ex squadra di Giampaolo che tanto bene aveva fatto l’anno scorso. Insomma mi approccio a questa partita ottimista ma cauto, poteva essere una debacle oppure un trionfo. Non è stato nell’uno, nell’altro. La vittoria è arrivata di misura, ma condita dal bel gioco. Soprattutto dal fraseggio, che è la cosa che vuole maggiormente Giampaolo. Il gol arriva dai piedi di un insospettabile Muriel, che torna protagonista con una prestazione più che maiuscola. Sarà forse l’anno della svolta? Riuscirà a conciliare la vita fuori dal campo con quella dell’atleta che ha tutte le carte in regola per essere un vero campione? Lo dirà il campionato. Per ora mi taccio. Le incognite sono tante, seppur questa partita metta in luce una migliore organizzazione di gioco rispetto a quella che Walter Zenga fece vedere in campo. Bisogna valutare Bruno Fernandes e Cigarini, acquisti non ancora sperimentati e lo stesso Praet aspettato così tanto, nonché Schick e lo stesso Budimir visto ben poco in campo in queste prime due uscite. Ma passiamo alla seconda prova di campionato, contro l’Atalanta di Gasperini. Secondo giro, secondo regalo, seconda vittoria e di nuovo Muriel. Vederlo di nuovo andare a mordere le caviglie degli avversari, a correre, dribblare, sovrapporsi e scattare ci fa ben sperare: forse Giampaolo è l’allenatore giusto per lui. E poi Barreto, tornato a essere il giocatore che ci si aspettava di vedere anche l’anno passato. Menzione particolare per Linetty, alla sua seconda prova in Serie A e alla sua seconda performance di livello: palloni recuperati in ogni zona del campo, cambi di passo e di direzione notevoli che ne fanno un investimento intelligente. Gasperini non sbaglia nel disegnare la sua Atalanta che sul finale di partita sfiora anche il gol, complice un po’ di stanchezza da parte dei blucerchiati. Insomma sei punti in classifica e due avversarie archiviate con uno sguardo ottimista al mese di settembre, nella speranza che il trend resti positivo con le dirette avversarie e magari anche con lo scalpo di qualche big.

L'opinione di Edo - febbraio 2015 (di Edoardo Repetto)

 

 

 

Ricominciare a correre, ripuntando la lancetta del tachimetro sulla velocità di crociera innestata nel girone d'andata. È questa la mission della Sampdoria, la strada maestra da seguire nella seconda parte di torneo. Se si vuole arrivare al 31 di maggio con l'Europa in saccoccia; inizialmente un sogno per una dirigenza dal volto candido (calcisticamente parlando), ma non neofita, se consideriamo che dietro le spalle del vulcanico presidente c'è un uomo dalle grandi capacità gestionali e – perchè no – anche pallonare, Antonio Romei; ora qualcosa di più, un obiettivo tangibile, alla portata, almeno guardando l'organico, rinforzato – specialmente nel reparto offensivo – nel mercato di gennaio. Una squadra giovane ma allo stesso tempo impreziosita da talenti che nel calcio italiano contemporaneo possono fare la differenza, non il salto di qualità definitivo verso l'Europa dalle grandi orecchie, ma pur sempre di competizione continentale si parla, che manca dalle parti di Corte Lambruschini dalla gelida e amara serata del 16 dicembre 2010 del “Puskas Stadion” contro il Debrecen, da oltre quattro anni. La rincorsa, con annessi segnali di ripresa fisica e di gioco, è ripartita dal 1-2 in rimonta dell'Atleti Azzurri d'Italia”. Prima un mese avaro di emozioni, di spettacolo, complice anche il fatto che la formazione, orfana di Gabbiadini, non aveva ancora beneficato sul campo dei rinforzi invernali. Prima della vittoria contro l'Atalanta firmata da Muriel e Okaka, febbraio ha “regalato” - si fa per dire – alla Sampdoria due sconfitte, entrambe abbastanza pesanti a modo loro, e due pari, di cui uno sofferto nel derby della Lanterna. I numeri complessivi testimoniavano il rallentamento, fino al 1 marzo: zero vittorie nel girone di ritorno, dieci gol al passivo contro i due subiti nelle stesse partite del girone d'andata), in totale 11 punti all'andata contro i 3 nei primi cinque turni del ritorno. I numeri qualcosa vorranno dire. L'Atalanta, però, può segnare il ritorno alla Sampdoria che avevamo conosciuto ad inizio anno. Lo dico perchè il periodo di appannamento fisico generale potrebbe essere terminato (non dimentichiamo che Mihajlovic nella pausa invernale ha svolto un richiamo di preparazione atletica che ha sicuramente appesantito le gambe a Palombo e compagni, proprio con l'obiettivo di reggere fisicamente fino a fine stagione, quando i punti saranno ancor più decisivi di quanto lo sono adesso), ma non solo: la Samp davanti ha un potenziale offensivo che fa invidia alla concorrenza e, se sfruttato adeguatamente, può essere decisivo. Così lo ha dimostrato a Bergamo, nella ripresa: con Eto'o e Muriel saliti in cattedra la squadra ha cambiato marcia e ribaltato l'iniziale 1-0 di Stendardo. Se i due dimostreranno di avere fame, con un Eder che non ha mai mollato anche nel mese e mezzo di appannamento, la Samp non rimpiangerà Gabbiadini, sebbene si possa discutere su come la sua cessione abbia mischiato le pedine nell'attacco di Mihajlovic. Penso che la Samp ce la possa fare, anche se la difesa è in calo e non si è fatto nulla per rinforzare i terzini, specie sulla sinistra, con un Regini goffo e impreciso; ma anche dall'altra parte con un De Silvestri stakanovista, senza la possibilità di rifiatare a causa dell'indisponibilità di Cacciatore. Proviamoci, almeno. Guardiamo a noi, pur sapendo che le dirette rivali sono quasi tutte impegnate su più fronti (Fiorentina, Lazio, Inter, Torino). A dirci se saremo maturi al punto giusto da poterci meritare l'accesso all'Europa League sin dal primo anno di presidenza Ferrero saranno gli scontri diretti del mese di marzo. Li dovremo dimostrare che la lancetta è tornata nella posizione iniziale.

 

 

 

L'opinione di Edo - gennaio 2015 (di Edoardo Repetto)

Un mese da leoni, per la verità iniziato molto male all'Olimpico di Roma in una notte artica e befanina. Sul campo e fuori, con il cineasta Ferrero assoluto mattatore del calciomercato. Ormai è fuor di dubbio, la società ha rivisto gli obiettivi e vuole puntare al cucuzzolo della graduatoria e al netto del derby avremo in mano numeri e speranze. Se sarà profumo di lavanda o incenso. 
Tutto e il contrario di tutto. Dalla Samp orfana di Gabbiadini incapace di mettere insieme due passaggi e di fermare Felipe Anderson all'Epifania a quella corsara in un "Tardini" non sempre sorridente ai nostri colori. Muriel sì, Muriel no. E Coda, parcheggiato in un hotel di Nervi come un pacco postale, in attesa di buone nuove su una trattativa in cui la luce dei riflettori era puntata solo sul talentino colombiano. Una trattativa che sembrava chiusa (negativamente e definitivamente) il 15 di gennaio col "no" dell'Udinese espresso a mezzo di un comunicato stampa ufficiale; una settimana per ribaltare le carte in tavola e l'incredulo Muriel si trova sparato sul prato del "Ferraris" per "festeggiare" il pari conto il Palermo assieme all'altro gioiello della collezione del Presidente: Samuel Eto'o, un nome mediatico che fa gola a tifosi, televisioni e giornali e, perchè no, anche a Carito, che potrebbe intessere qualche esotica sinergia economica con brand arabi. Infine Okaka. Un giorno litiga, sembra tutto spaccato con il giocatore sul mercato; l'altro giorno pace fatta, la Samp ritira la multa.
Mai la Sampdoria è stata così mediatica, mai si è parlato così tanto dei quattro colori dai tempi di Paolo Mantovani. La popolarità non basta a fare i tre punti la domenica, né il campione. Serve continuare a lavorare sul campo per mantenere il giocattolino di Mihajlovic (33 punti nel girone d'andata, 66 in proiezione finale che l'anno scorso sarebbero valsi il quarto posto solitario), rivoluzionato dal mercato. L'alchimia di gioco e di risultati (solo due sconfitte in venti giornate) non verrà rotta da una squadra profondamente cambiata negli interpreti, sopratutto in attacco, e forse troppo chiacchierata quando si accendono i riflettori (non delle torrette rosse del Ferraris)?


L'opinione di Edo - dicembre (di Edoardo Repetto)

Partiamo dalla fine. La Sampdoria perde Gabbiadini, il giocatore più decisivo in questo girone d'andata con i suoi sette gol. Ma il peso specifico dell'attaccante di Calcinate non si sente solo tra le mura di Bogliasco: se rapportiamo le sue marcature in campionato con i 975 minuti giocati, Gabbiadini si classifica sul podio della Serie A tutta. Solo Carlos Tevez e Stefano Mauri hanno saputo fare di meglio. Di questo se ne è accorto il Napoli, che prima dello sparo del calciomercato lo strappa a Juventus e Samp, portando a casa un classe '91 di sicuro avvenire, uno dei giovani italiani più talentuosi in circolazione, dotato di un raffinato sinistro, sia per tecnica stilistica che per precisione di tiro. A dicembre la Sampdoria se l'è goduto e ne ha raccolto le ultime tre meraviglie: Verona, Torino, Udinese. Lo zampino di Manolo c'è in tutte e tre le sfide pre-natalizie. Decisivo allo Stadium, dove Mihajlovic decide di trattenerlo in panchina nel primo tempo per poi lanciarlo nella mischia al 45', famelico di castigare la squadra che non ha mai deciso di puntare fino in fondo su di lui. Il suo ingresso risveglia i cuori degli undici blucerchiati in balia di un primo tempo da leoni della Juve.

Anche Eder e Regini si caricano e fanno lavoro sporco per far brillare Gabbiadini: dai loro sei piedi si materializza il gol che consente alla Sampdoria di fare punti in casa della Vecchia Signora, spezzando un record che resistiva da Juve-Fiorentina 2-4 di oltre un anno fa. Un gol decisivo.
Altrettanto decisiva è la marcatura del 2-2 che arriva una settimana più tardi, con l'Udinese. In una gara dominata ma nella quale la Sampdoria ha rischiato di perdere. Il confronto con i suoi ex compagni di reparto è impietoso. Eder, 16 presenze con 4 gol. Okaka, 16 presenze con 3 gol. Tutt'altri numeri per Gabbiadini: 13 presenze e 7 gol. Servirà integrare la perdita di qualità con altrettanta qualità. Sarà Muriel o chicchessia. In queste condizioni l'attacco blucerchiato rischia di scomparire e di non regalare più perle che possano risolvere le partite e portare fieno in cascina. E già che ci siamo guardiamo anche ai terzini. L'obiettivo era ed è l'Europa, il mercato non deve deludere. Garantisce Sinisa Mihajlovic.

 

L'opinione di Edo - novembre (di Edoardo Repetto)

Stiamo diventando grandi, dopo un terzo di campionato possiamo dirlo, anche se sarebbe da urlarlo per far capire all'Italia calcistica, che ride dei bizzarri passaggi televisivi del nostro presidente, che la Sampdoria ha in sé giocatori di livello, giovani, che hanno persino convinto uno juventino di ferro come il ct Conte a pizzicare azzurri non solo a Torino.

Stiamo diventando grandi perchè l'asticella si è alzata. Lo ha detto Osti in una recente intervista a Telenord del 20 di novembre («il nostro obiettivo è la parte sinistra della classifica, se tutto dovesse andare bene si può guardare più avanti»), lo ha fatto capire più volte Mihajlovic, in particolare nella conferenza introduttiva di Samp-Napoli: «Se avessi la Sampdoria dell'anno scorso potrei accontentarmi di un pareggio a Cagliari e Palermo, ma siccome siamo cresciuti molto dobbiamo vincere se giochiamo da favoriti».

Stiamo diventando grandi, ma non siamo ancora grandi. «Potevamo avere 26 punti senza aver rubato a nessuno», sempre parole di Mihajlovic. Che tutti i torti non ha. Nel mese di novembre i blucerchiati hanno giocato la miglior partita di questo 2014/15, contro la Fiorentina, per poi adagiarsi sui due pareggi consecutivi, risultati più che dignitosi per una squadra “media” ma non per questa Sampdoria che sogna in grande, a fine mese ancorata al treno delle prime cinque. E allora si parla di occasioni sprecate, per i due primi tempi regalati a Milan e Cesena, non di due punti guadagnati. Cambio di mentalità.

La difesa sta diventando grande, nove gol subiti in tutto il torneo di cui appena quattro tra le mura amiche del Ferraris. Quattro nell'ultimo mese (tre in casa e uno in trasferta), tutti incassati senza Romagnoli, forse la sua assenza in tutte e tre le gare di novembre ha pesato. Ma è l'attacco che non sta diventando grande. È mancato soprattutto a Cesena, dove i pericoli per Leali sono stati davvero pochi, tanto è vero che il pari blucerchiato si è concretizzato grazie a una gentile concessione cesenate. 8 delle 15 reti complessive messe a segno in 12 partite (media 1,25 a partita) sono arrivate su situazione di palla inattiva, calci di punizione, calci d'angolo o rigori. A testimonianza del fatto che l'attacco doriano ha difficoltà ad andare in rete su azione.

Sampdoria, sarai grande se saprai dare importanza alla Coppa Italia, il trofeo che hai vinto di più nella tua storia. Quest'anno, con un organico eterogeneo e qualitativamente superiore a quello del recente passato, non ci sono scuse: si può arrivare in finale giocando appena sei partite spalmate da agosto a giugno, in dieci mesi. E può persino bastare l'approdo all'ultimo atto per vedersi aperte le porte d'Europa. Provare per credere. 


L'Opinione di Edo - ottobre (di Edoardo Repetto)

La prima è arrivata, a ottobre, più precisamente il 29. Un ruolino di marcia da grande, ma non perchè sempre è arrivato il bel gioco. Ma nel calcio più cinico che spettacolare degli ultimi anni conta portare a casa il lingotto d'oro e la Sampdoria lo ha fatto per otto partite consecutive, a un passo dallo storico record della Sampdoria scudettata che si arrese solo alla decima fallendo il primo dei due confronti stagionali con l'altra squadra di Genova. Un record che resiste ma che i blucerchiati hanno avuto il merito di provare fino alla fine a scardinare, con una formazione qualitativamente inferiore rispetto ai campioni d'Italia del 1990/91.
In queste prime uscite con le grandi – o presunte tali – il Doria dimostra di saperci fare, come una volta quando era sovente vedere Vecchie Signore o Biscioni inciampare sotto le torrette rosse del Ferraris. Con la Roma e con la Fiorentina arrivano due prestazioni di livello, in particolar modo della retroguardia “camaleontica” che deve adattarsi alle defezioni e rigenerarsi con interpreti e schemi differenti. Per neutralizzare Totti e Ljajic Sinisa opta per una difesa a quattro con De Silvestri, Gastaldello, Romagnoli e Regini, verosimilmente “titolare”, eccezion fatta per l'infortunato Silvestre. Un muro. Con i Viola si temeva di più, perchè è venuto meno il blocco centrale. Ma la sostanza è sempre la stessa: non si passa, o quasi, visto che l'unica disattenzione è costata alla Samp il gol di Savic. A farlo capire all'ex compagno di squadra non è proprio uno che l'ultimo spicchio di campo lo mastica dalla scuola calcio, Angelo Palombo, riadattato al centro da un Mihajlovic sulle orme di Delio Rossi. Ma la missione del serbo, erede della filosofia della linea verde, è portare gioventù: Romagnoli su tutti, uno che va in campo con la testa da veterano ma il fisico pimpante di un teenager alle prese con gli ultimi brufoli dell'adolescenza. Ma la sorpresa delle sorprese è Luca Rizzo, che per qualcuno rimasto fino all'ultimo legato alle vicende di casa Sampdoria non era un “signor nessuno” già nel polveroso “Braglia” l'anno scorso. Il compianto Paolo Borea l'ha visto crescere passo passo, vedendo del buono in lui. «Rizzo ha doti tecniche da Serie A – disse il 19 maggio 2014 – Ha una qualità straordinaria e dei colpi da campione». Anche se con un po' di malizia aggiunse:

«Gli farei fare ancora un anno da titolare in provincia», forse per la voglia matta di vedere il suo estro di cui si era tanto innamorato. Talvolta, però, il bel gioco non arriva, ma raramente non arriva il risultato. Anche a Cagliari, dove la Sampdoria è stata ad un passo dall'autodistruzione, il punto è arrivato. Non ci resta che mettere il cuore dentro alle scarpe in attesa di un novembre “monco” - c'è la sosta per la nazionale – ma dal profumo d'Europa.


L'Opinione di Edo - settembre (di Edoardo Repetto)

 

In alto i calici, cari amici e soci del Jolly Roger. Solo qualche mese fa mai avrei pensato di aprire questa finestra con una perifrasi del genere. Il burrascoso cambio di proprietà con l'uscita di scena in punta di piedi della famiglia Garrone aveva generato incertezza nei più, almeno inizialmente, a cui aggiungiamo il predicibile commiato di parte della dirigenza filo-garroniana che non se l'è sentita di abbracciare il progetto Ferrero.
Il campo ha – per il momento – ci dà la possibilità di festeggiare, di ridere, di scherzare, di sbeffeggiare con garbo i rivali cittadini ancora alle prese con minuziosi calcoli fisico-matematici per valutare se Gabbiadini avesse infilato Perin regolarmente o abusivamente. Non potrebbe essere altrimenti dopo un derby vinto, il secondo consecutivo in otto mesi, un piccolo record per la Sampdoria, che dopo quarantacinque anni riesce nell'impresa di vincere due stracittadine di fila in Serie A, senza dimenticare la tripletta del 2002/03 in Serie B, che luccicare gli occhi a molti.
La mano di Mihajlovic è lampante fin dalla prima uscita a Palermo, sebbene il punto conquistato sia arrivato non senza difficoltà. Il tecnico serbo ha collaudato un gruppo perlopiù amalgamato la scorsa stagione ma impreziosito da taluni giocatori di primo piano, già punti di riferimento nelle prime cinque della stagione, e da altri che sono più che validi rincalzi in attesa dell'occasione giusta. A cominciare dalla difesa, un autentico tallone d'Achille della Sampdoria dodicesima l'anno scorso che chiuse con sessantadue gol al passivo (quinta peggior difesa dell'intera Serie A) trasformato in bunker impenetrabile. Poco importa se il capitano resta in panchina in una delle partite più tese e sentite, perché alle spalle c'è un pivello nel fisico con la testa da veterano, uno che a diciannove anni ha l'antidoto giusto per neutralizzare Perotti e Pinilla, per Sinisa è il nuovo Nesta ma “più forte tecnicamente”. È dalla forza della retroguardia che la squadra tutta ha collezionato cinque risultati utili consecutivi in altrettanti match: due soli reti al passivo, meglio hanno fatto solo le due disumane Juventus e Roma, che – caso strano – precedono i blucerchiati in classifica. Ma come non parlare di Okaka. “Era grasso”, si diceva a gennaio. Cinque gol in tredici partite. Estate 2014. “Non è idoneo a fare il titolare; meglio venderlo più dell'anno scorso non può fare”, altra cantilena insistente, tanto è vero che l'arrivo in pompa magna di Bergessio sembrava avesse chiuso ogni spazio per Chuka. Poi l'infortunio dell'argentino, cambia tutto per non cambiare niente, gattopardescamente parlando: Okaka si tiene la maglia da titolare che aveva messo nell'armadio al termine della passata stagione e continua ad incantare il pubblico blucerchiato con prestazioni più da facchino che da pianista. Questa definizione sarebbe alquanto ingenerosa se non si precisasse che oltre alla sostanza negli arti inferiori dell'attaccante ci sono doti tecniche e balistiche che un facchino anonimo che passa la giornata a prendere sportellate dalla difesa avversaria non ha tra le sue informazioni genetiche. Per saperne di più basta andare a rivedere il minuto 79 di Sampdoria-Torino ovvero chiedere informazioni a Moretti o Glik.
Chiudo con una piccola chicca: il mese di settembre appena andato in archivio con tre vittorie e un pari risulta essere il migliore per risultati ottenuti negli ultimi trentacinque anni. Gli unici anni paragonabili sono il 1991/92, stagione nella quale la Samp portava sul petto il tricolore, e il 92/94; in entrambi i casi, nel mese di settembre, i blucerchiati collezionarono tre vittorie, un pari ma non rimasero imbattuti come il Doria attuale.

 

Trofeo Carranza (di Edoardo Repetto)

Il profumo di Spagna, in estate, mancava da due anni. Era il pre-campionato 2012/13, la Sampdoria aveva ancora addosso il candido profumo dei Play-Off di Serie B vinti, che sono valsi l'immediato ritorno nel campionato che conta, ma al suo interno qualcosa era cambiato. Non c'era più il vincente  Beppe Iachini, che il Doria di oggi ritroverà alla prima di campionato a Palermo, al suo posto Ciro Ferrara, un allenatore allora emergente che veniva da una esperienza importante alla guida della nazionale Under-21. Quella squadra in procinto di essere aggiustata e abbellita in vista del ritorno in Serie A sfidò il Barcellona, nella riedizione della finale di Coppa dei Campioni di Wembley persa dai blucerchiati ai tempi supplementari, in un'amichevole dal sapore particolare.Sono passati due anni dal gol di Soriano che permise a Gastaldello, a fine partita, di sollevare il Trofeo Gamper nel giardino di casa dei blaugrana, il Camp Nou. In questa non calda estate in giro per l'Europa, Mihajlovic e i suoi ragazzi hanno fatto capolino nuovamente nella landa iberica, questa volta nell'interno, a Cadice, per disputare il Trofeo Carranza. Due partite, tra Ferragosto e l'indomani, contro Siviglia e Atletico Madrid. Nella prima, contro gli andalusi superati in Coppa il 19 dicembre 2009 grazie alla panciata di Bottinelli, la Sampdoria va in campo con la formazione tipo: Da Costa, Cacciatore, Salamon, Gastaldello, Regini, Obiang, Palombo, Soriano, Eder, Gabbiadini, Okaka. La prova è importante, di livello nonostante fossimo solo al quindici di agosto, sigillata da un gol su calcio di rigore di Eder e da una perla, l'ennesima, di Gabbiadini. In una difesa leggermente modificata, con Cacciatore che ha preso il posto di De Silvestri, si sono comportati bene lo stesso ex Verona e Regini, un trottolino avanti e indietro per la fascia (del resto è quello che gli chiede di fare Mihajlovic). Ma una delle note più liete è Okaka, tanto lavoro sporco per lui che però costa caro al Siviglia che deve perdere Luismi per espulsione. Anche tanti movimenti a dimostrazione che l'ex Parma non sta pagando negativamente la concorrenza con Bergessio, anzi ha trovato ancora più motivazioni.

 

Il due a zero al Siviglia regala alla Sampdoria la possibilità di sfidare, nella finale della kermesse andalusa, i campioni di Spagna e vice-campioni d'Europa dell'Atletico Madrid. Poteva essere una grande partita, divertente agli occhi dei tifosi e degli osservatori, almeno sulla carta, ma poi le due formazioni hanno – comprensibilmente – preferito gettare nella mischia le seconde linee, giovani e meno giovani che durante la stagione avranno sicuramente meno possibilità di mettersi in mostra. In campo viene provato Viviano, alla prima – non ufficiale – in maglia blucerchiata, che risponde presente e vince il testa a testa con il messicano Raul Jimenez. Nel Doria che più “sperimentale” di così non si può si vede una difesa difficile da immaginare: Gavazzi, Rizzo, Costa e De Silvestri. I quattro vanno tutti al di sotto della soglia della sufficienza, ma è comprensibile, visto che “Lollo” si trova a correre sulla sinistra, Rizzo – che l'anno scorso a Modena ha giocato centrocampista offensivo – viene piazzato al centro della difesa, e in tutto questo si rivedono i “desaparecidos” Gavazzi e Costa. Ma anche davanti fanno fatica, con Bergessio che esce per infortunio e lascia il posto a un altro “desaparecido”, Piovaccari, che un po' a sorpresa ci mette impegno e voglia di fare. Si salvano Fedato, che fa vedere giocate qualitativamente importanti, e Duncan, instancabile in mezzo al campo. Alla fine il “Carranza” lo alzano i colchoneros (letteralmente “materassai”, questo il soprannome che viene dato ai giocatori dell'Atletico), la Samp torna a casa con un'esperienza (internazionale) in più in vista dell'inizio della stagione, avendo dato a tutti una chance di mettersi in mostra.